Scrittori per Caso, per Sfizio o per Vocazione


I 4 elementi - 1: TERRA Prosa
Poll choicesVotesStatistics
Incubi - tixolina7 [46.67%]
Soldato Willy - Jedimaster3 [20.00%]
60's trip - NoSleepGirl2 [13.33%]
Genesi - Tinkerbell912 [13.33%]
Terra - CarDestroyer1 [6.67%]
Le radici del Baobab - ggg4140 [0.00%]
This poll is closed (Voters: 15)

I 4 elementi - 1: TERRA Prosa, Concorso "La voglia vien scrivendo!"

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 23/6/2007, 23:53


••••••••••

Group:
Suprema Custode dell'Inchiostro d'Iridio
Posts:
13,674
Location:
Fantàsia

Status:
Anonymous


image

Le votazioni avranno termine alle ore 23:59 di sabato 7 luglio 2007



Il voto deve essere confermato lasciando un commento, per la gioia (o il dolore!) di chi avete/non avete votato!



Terra - CarDestroyer
CITAZIONE
«Come va con le vasche idroponiche?»
«Bene. Stiamo provando una nuova soluzione di sali sintetici che ci permette di ridurre la superficie dei campi di macerazione. In questo modo potremo sfruttarne l'eccesso per aumentare la superficie coltivata.» Markus indossava la salopette di jeans blu come una divisa, cappello di paglia a tesa larga e falcetto sempre pronto, lì sul fianco. Credo che gli scocciasse parecchio non poter indossare stivali di gomma al posto degli anfibi, e guanti di pelle spessa al posto del goretex. Ogni volta che una coltivazione intensiva diveniva ancora più intensa lui vedeva fiorire altro verde, la vittoria della natura sull'inanimato.
Io invece vedevo altro stress. «Di quanta superficie stiamo parlando? Quartieri, stanze, interi livelli?»
Markus sollevò la tesa del cappello e mise le mani sui fianchi. «Magari!» Masticò. «Ormai riusciamo a riciclare meno del novanta percento dei sali minerali.» Per la prima volta, vidi la rinuncia sul suo volto. «Forse non vale la pena creare nuove serre. Nel giro di dieci anni non ci sarà più abbastanza materia organica per alimentarle. Lascia in pace la gente.»
Falla morire tranquilla, completai mentalmente. «Sarà il Consiglio a valutare.» Lo salutai con una vigorosa pacca sulla spalla e uscii in strada. Il cielo era del solito color bronzo, per gentile concessione della cupola di vetro polarizzato.
Sospirai: il progresso avanzava rapidamente, e presto le cupole sarebbero state sostituite da generatori di ozono e torri per i campi elettromagnetici. La vana speranza era che, abbastanza alla svelta, torri e generatori potessero ricoprire l'intera superficie terrestre. Intanto io avrei dovuto gestire smantellamento, smaltimento e nuova costruzione. E decidere della sorte degli abitanti: troppi per essere trasferiti temporaneamente in altre città? Allora sarebbero diventati bustine di sali minerali e concime. Un tempo la Terra era più barbara, e usava pestilenze e catastrofi per riportare l'equilibrio nella popolazione, poi si prese l'incarico l'uomo con le guerre. Adesso ci penso io. Come nei secoli passati, la perdita del lavoro è l'incubo peggiore del ceto medio. Nel nostro non può esserci spreco. Tutti lavorano per tutti, fin'oltre la morte.
Un messaggio lampeggiò nella mia coscienza amministrativa. Aprii un canale.
«Blanki, hai da fare?» La voce di Olinto, il ministro della cultura, fu messa in primo piano. La coscienza amministrativa filtrò il rombo di un grosso motore a idrogeno montato su un camion del deserto.
«Dimmi pure.» Raggiunsi il flyer d'ordinanza che, come da programma, fece immediatamente rotta verso la capitale.
«C'è un problema con le colonie alimentari su Marte.» Il tono di voce di Olinto sembrò spezzarsi.
La mia coscienza amministrativa raccolse, organizzò e riassunse tutte le notizie in merito e le inserì nella memoria a breve termine. «È quello che mi aspettavo. Finalmente si sono resi conto che Marte è abitabile mentre Terra no.»
«Si sono resi conto anche di avere un sacco di cantieri navali in orbita, e scudi a difesa contro le minacce dello spazio esterno.»
«Cosa ne pensa il ministro della difesa?» Gregorio aveva già polverizzato Titano e la base di raccolta del metano. Una perdita economica di poco conto, dopo la costruzione delle nuove centrali eliotermiche in orbita geostazionaria, ma i trecentottantamila corpi vaporizzati scatenarono le ire del ministero dell'agricoltura.
«Ha inviato una fregata per il cambio di turno dei soldati di stanza su Marte. Routine, se non fosse che i nuovi fanno tutti parte del genio guastatori e del battaglione Berserker.»
«Mi piacerebbe sapere come pensa di farli passare sotto al naso del subgoverno marziano.»
«Oh, ma a lui non interessa affatto. Vuole portarli ad un livello di coscienza del pericolo tale da fargli commettere un errore.»
Erano passati cinquant'anni da Titano. «Il ministero dell'agricoltura è stato avvisato?»
«È stato proprio Fargil a leggere tutto questo negli avvenimenti che stanno accadendo.»
«Un giorno dovrà dirci quali modifiche ha fatto alla sua coscienza amministrativa,» dissi seccato. «Dobbiamo parlare subito con Gregorio. Marte è l'ultima risorsa.»
«Quanto manca al raggiungimento del numero stabilito?»
«Non più di dieci anni. Markus mi ha espressamente consigliato di lasciar perdere le prossime innovazioni agronome.»
«Le navi sono già pronte, basterà adattare quelle da guerra in arche. Lasceremo su Terra una quantità di personale adeguata allo sfruttamento minerario.»
Mi trovavo a seimila metri di quota quando il flyer entrò in stallo. Il collegamento amministrativo s'interruppe, l'intelligenza di bordo esalò l'ultimo respiro e con lei tutto il comparto tecnologico. Non c'erano comandi manuali, perché non era concepibile il fallimento di tutti i sistemi ridondanti. Ci fu un attimo in cui il flyer sembrò fermarsi, poi ricominciò a prendere velocità, puntando al suolo come un seme di tiglio. L'urto contro la giovane sabbia del deserto italiano, avvenne contemporaneamente all'attivazione meccanica delle cariche di schiumogeno a solidificazione istantanea. L'avionica si polverizzò, andando a regalare un po' di colore al terreno nel raggio di duecento metri, l'idrogeno avvampo' in una fontana azzurra e arancione, il motore rimbalzò due volte circondato da un'aura di palette spezzate, viti e lamiere tranciate. La cellula vitale, di nudi tralicci di carbonio, era lievemente contorta. Lo schiumogeno iniziò subito a scomporsi in acqua e biossido di carbonio. Secondo la mia coscienza amministrativa, nell'urto avevo perso il dieci percento della massa cerebrale, uscita dalle orecchie e dal naso, il settanta percento degli assoni era collassato nelle dendriti e il midollo allungato si era spezzato. Era andata appena meglio a muscoli e ossa che avevano beneficiato dell'effetto ammortizzante della schiuma. In ogni modo, ero ancora vivo quando mi tirarono fuori e caricarono sul camion, anche se non potevano saperlo. Quando ripresi coscienza e uscii dal sacco, le persone lì intorno smisero di giocare a carte, lavare le stoviglie, baciarsi.
«Come avete fatto?» Leccai via un pezzetto di cervello.
Una donna protese la testa dietro il divano e vomitò. «Che cazzo...» L'uomo che le teneva ancora la mano infilata negli shorts, afferrò la pistola.
«Credevo che i flyer governativi fossero schermati dagli impulsi E.M.P. e dalle tempeste solari. Davvero, come avete fatto ad abbattermi?» Continuai a pulirmi il volto, e con le dita sporche premetti l'occhio sinistro per riportarlo dentro l'orbita.
Dal tavolo si alzò un uomo dal volto scavato, la pelle nera e macchiata, portava una pezza di tessuto fotoriflettente cucita sul capo nudo. «Amico, prima devi dirci tu, come diavolo fai ad essere ancora vivo.» Si avvicinò, e affondò la canna del fucile in più punti del mio corpo. «Non sei un cyborg.»
«Certo che no. Sono un ministro.»
«Questo lo sappiamo! Il nostro informatore...» Sbottò uno apparendo da una porta.
«Zitto!» Ringhiò l'uomo col fucile. «Dimmi, sono curioso,» disse poggiando il calcio per terra. «Sappiamo che voi del governo non invecchiate e siete superprotetti. Sappiamo che tre secoli e mezzo fa, voi foste scelti per traghettarci verso la nuova realtà, priva di ozonosfera e ricca di biossido di carbonio.» Si accucciò per guardarmi negli occhi. «Tre secoli e mezzo sono tanti anche per un progetto così ambizioso.» Con la mano libera, mi raddrizzò il naso con uno schiocco umido.
«Dovete vederlo dal punto di vista di una società stabile. È un tempo enorme dal lato tecnologico, ma se la popolazione rimane costantemente al di sotto del numero di individui necessari a farla funzionare, otterrete...» Il calcio del fucile mi fratturò la mandibola.
«Per favore, niente cazzate. Lo so che una società dove tutti lavorano e hanno benessere non si evolve a grandi passi, non ci sono rivoluzioni e nei libri di storia non finisce un cazzo. Io voglio sapere perché non avete trovato ancora il modo di riportare la vita sulla Terra.»
«Perché non esiste. Terra è morta.» Biascicai strisciando le ossa spezzate.
«E il progetto dei generatori d'ozono?» Urlò la donna dietro il lavello.
«Funzionano, ma non possono ricostruire i trentacinque chilometri di spessore dell'ozonosfera fino a che esisterà inquinamento da clorofluorocarburi. In queste condizioni è già difficile mineralizzare l'acqua e...» un calcio allo stomaco mi fece volare fuori dal sacco e sbattere la testa contro il muro.
«Perché continui a parlare di tecnica? Io VOGLIO sapere quali sono le vostre vere decisioni politiche!»
Non tentai di rialzarmi. «Il genere umano sopravviverà. Verrete portati tutti su Marte appena la terraformazione sarà al novanta percento.»
«E della Terra cosa ne sarà?»
«Diverrà materiale per la costruzione di una sfera di Dyson.»
L'uomo col fucile mi fissò inorridito. «A cosa vi serve?»
«Ogni ministro immortale la vede come una priorità assoluta. Rischiamo che al momento del bisogno sia già vecchia e pronta al disarmo, perciò io sono del parere che dobbiamo costruire subito l'esterno e modellare l'interno, mentre per l'accensione della stella e la creazione dell'habitat si dovrà attendere. Il solo pensiero dei propulsori di manovra mi tormenta da più di due secoli.»
Scese il silenzio, ma solo un paio di secondi. Poi entrarono i berserker.

Le radici del Baobab - ggg414
CITAZIONE
Spesso qualche pesce usciva dal letto del fiume e ne rompeva la monotonia; raro però era scorgerne il guizzo perché questo avveniva nell’ ombra, nell’ ombra formata dai grossi alberi che costeggiavano quel fiume neonato. Tali alberi così erano ordinati che sembravano piantati lì con precisione certosina, quasi in un viale cittadino. Essi invece da secoli interravano lì le loro radici che con il tempo solcavano il terreno fino a formare un cerchio tutto intorno, secco e spoglio di ogni vita. Loro era il posto accanto al fiume e le chiome talmente erano alte e ampie che spesso si toccavano, lasciando l’ acqua nell’ oscurità.
Questi alberi erano Baobab, grandi piante, bronchioli di questa Terra.
Tante altre piante allora popolavano quella umida foresta, spesso queste non erano neanche abbastanza alte da cogliere un raggio di sole e si spegnevano subito, nel colore e nella linfa.
A volte però quei giganti dispotici lasciavano piccoli spazi su cui filtravano brani di luce e aliti di vento; qui vi nascevano, accavallati l’ uno sopra l’ altro, una grande quantità di fiori, piante e alberi, un crogiuolo di razze che respiravano all’ unisono e che radicavano le loro basi ben più in profondità degli stessi Baobab.
Le radici dell’ albero che giganteggiava accanto a loro però, da sempre invadevano e scorticavano il territorio dei loro radicamenti leggeri e mai nessuno osava contrastarle o fare ad esse ciò che subivano.
Giunse un tempo che il Baobab, ormai stancato dai secoli, decise di attestarsi sulla sua porzione di terreno e di lasciare stare i pusillanimi che gli sottostavano; ma questi crebbero e si moltiplicarono e sembrava non potessero più sopravvivere come avevano fatto sino ad allora.
Presto fu deliberato: il gigante doveva cadere.
L’ obbiettivo non era semplice da raggiungere ma le loro radici mutarono e diventarono possenti e lunghissime, ora potevano spodestare il Baobab.

Guardarono la carcassa dell’ albero che si scalfiva sugli scogli del fiume, finalmente le loro radici respiravano terra libera in quella lasciata dal gigante.
C’ era spazio per tutti e la caccia al sole era finita, il mondo si stava aprendo alle loro foglie e finalmente potavano regalarsi la vista del fiume che per tanto tempo era rimasto solo una lontana voce.
Il vuoto lasciato dal vecchio albero fu invaso da radici di ogni razza e seme, comprese quelle dei due Baobab che erano vicino a quello caduto.
Presto essi rimpiazzarono il vecchio gigante e colmarono anche lo spazio che prima era di quelle erbacce; tutto ciò fu solo un attimo. Perché non ci può essere sul fiume, uno spazio libero.


Soldato Willy - Jedimaster

CITAZIONE
- Cazzo, ho detto in piedi! Vogliamo mollare adesso che stiamo per sfottere quel nido di merda? Avanti Willy, muovi quel culo! -
Willy uscì dal riparo che il tronco gli dava in tempo per sentirsi fischiare una pallottola accanto all’orecchio. Un altro assalto; dopo il tredicesimo aveva smesso di contarli, come se non bastasse in due giorni erano riusciti ad avanzare solo fino a circa metà strada dal loro obiettivo, quel maledetto nido di mitragliatrici che continuava a pisciare pallottole su di loro. Il plotone del capitano Mendieta era stato fatto a pezzi e i pochi sopravvissuti erano stati accorpati a loro; la compagnia Bravo avrebbe dovuto dar loro supporto attaccando la posizione dal fianco destro, ma ancora non si vedeva nessuno e il sergente Burns non aveva più intenzione di aspettarli. La vegetazione era così fitta che non si riusciva a vedere il nido, solo qualche volta se ne poteva vedere il fuoco delle mitragliatrici dal fitto del fogliame.
Se si aveva sfiga. Sì, perché difficilmente saresti riuscito a vedere altro, una raffica aveva praticamente tranciato la gamba a Chad sopra il ginocchio, trenta secondi dopo era morto. Il tintinnio metallico di una granata che rimbalzava su un sasso lo riportò alla realtà salvandogli la vita.
- Granata! -
Gridò gettandosi a nel fango nero di quella collina. Derek volò via nella successiva esplosione, con un braccio di meno e una gamba girata in maniera raccapricciante; il suo corpo in volo sembrava quello di una ballerina che esegue il suo miglior grand jetè, solo che lui era sottosopra. Atterrò scomposto tra fango e rocce e non si mosse più. Willy tirò su il muso dal terreno dove era sprofondato, con ancora nelle narici l’odore gradevole di erba e terra umida che si mescolava col fetore del sangue. No, non ce l’avrebbero fatta, quel mucchio di erba e fango si ergeva davanti a loro come un vecchio Dio dimenticato, tornato ad esigere il tributo di sangue che gli spettava, quello del suo plotone, quello di Charlie, il suo. Il nido di mitragliatrici che ora intravedeva sembrava la nuca del Dio, con le piante che gli facevano da capelli: sembrava curarsi appena dei vermi che strisciavano lungo la sua schiena, se si fossero avvicinati troppo li avrebbe semplicemente schiacciati con un gesto distratto, facendoli affondare per sempre nelle pieghe terrose della sua pelle. Avrebbero seppellito anche lui in quella terra nera e fradicia d’acqua? Credeva di sì, ma sperava di no. Pioveva da due giorni, uno scroscio feroce e costante che si confondeva col ronzio malvagio e quasi costante delle mitragliatrici pochi metri più in alto. Sembrava che anche il cielo fosse dalla parte di Charlie, non solo perché con un tempo simile non avrebbero avuto supporto aereo, ma perché tutta quell’acqua aveva trasformato un gentile declivio in un pantano inesorabile. A mettere il piede nel punto sbagliato si rischiava di lasciarcelo: il terreno perdeva compattezza di minuto in minuto, anche per questo il sergente Burns li stava spingendo ad avanzare. Willy arrivò strisciando
(come un verme)
Dietro ad una roccia che dava una buona copertura e cercò di attirare l’attenzione su di sé, con qualche colpo sparato a casaccio. Qualche secondo e una raffica di metallo infuocato cominciò a grattare la superficie della sua copertura, sollevando un nugolo di roccia polverizzata. Jason, Freddy e Michael riuscirono a portarsi più in alto così, in una posizione defilata alla sua sinistra, un buon punto per tentare la sorte con una granata.
- Willy! Di Marco! Fate a pezzi quei froci! -
Il sergente indicava tre Viet vicino ad un grande albero morto con le radici quasi completamente fuori dal terreno, giusto sopra a Jason e gli altri. Non si capiva bene cosa stessero facendo, almeno fin quando Willy non ne vide uno con una trave che cercava di svellere ciò che restava delle radici: se gli andava bene, un albero di quelle dimensioni che veniva giù per il pendio avrebbe schiacciato soltanto Jason, Freddy e Michael; se no li avrebbe costretti a tornare giù di diverse decine di metri, sotto il fuoco di Charlie.
- Hai sentito negro?! Muoviti! -
Di Marco adorava Willy, come tutti i fratelli in generale: a patto che non fossero più grossi di lui ovvio. Cominciarono entrambi a sparare, beccando subito il primo, che venne giù assieme ad una colata di fango. Gli altri due riuscirono nella loro impresa, giusto un attimo prima che Parker gli facesse saltare la testa. Il grande albero sembrava muoversi controvoglia, ma alla fine venne giù con un rumore tonante di minaccia, dritto come un missile sui suoi compagni. Gli schizzi di fango che alzava erano enormi, quasi quanto il solco che lasciava per terra dietro di sé; Jason sparì dentro la chioma, Freddy si accorse in tempo del pericolo e riuscì a tuffarsi abbastanza distante da non essere colpito, mentre Michael fu quasi spezzato in due dal tronco che continuava la sua corsa mortale. Ma la fortuna fu dalla loro quella volta, quella specie di maglio gigante fatto di legno e fango si incastrò tra due alberi bloccandosi. Inoltre la sua folle corsa aveva creato un corridoio accessibile che portava fin sotto la base del nido. Se Burns se ne accorgeva…
- Avanti! Cosa cazzo aspettate, l’invito? -
- Sergente, è troppo scoperto! Charlie ci farà a pezzi prima di arrivare a metà strada! -
- Di Marco muovi quel culo di spaghetti prima che ti ci pianti io due pallottole! Useremo tutti i fumogeni che ci restano per la copertura! -
- Con questa pioggia dureranno pochissimo sergente! -
- E allora perché cazzo resti lì a masturbarti?! Forza coi fumogeni ragazzi, non siate tirchi! Ora!!! -
Gli scoppi sordi dei fumogeni si sentivano appena, tra il vento, la pioggia e i mitra: nessuno fiatò mentre i fumogeni alzavano il loro muro, aspettavano tutti Burns. Anche il Dio sembrava aspettare.
- Sottoooo!!! -
Partirono tutti, Willy, Dunn, Parker, Reilly, Adams, Fantini, Johnson, Di Marco, Duscombe, Burns, Knoxville; tutti i sopravvissuti della compagnia che si lanciavano in quella specie di zuppa di fagioli creata ad arte per ingannare il Dio, per ottenebrare i suoi sensi e rendere più leggeri i loro passi sulla sua pelle scura e marcia. I primi colpi arrivarono subito, ma andarono a vuoto, come la manata che si sferra d’istinto alla zanzara che ti ronza vicino l’orecchio. Willy, Duscombe, Reilly ed Adams superarono il punto in cui l’albero aveva travolto Jason e Michael, poco più avanti c’era Freddy, immobile sul terreno: era riuscito ad evitare il tronco, ma si era dimenticato delle mitragliatrici. Il Dio si era preso anche lui, ora. Una volta usciti dagli alberi c’era uno spiazzo di una decina di metri, dove il fumo non poteva essere trattenuto dalla vegetazione, bisognava zittire Charlie prima di arrivarci o sarebbero stati macellati. Reilly aveva una buona mira, il migliore lanciatore della compagnia; se lo litigavano quando si giocava a baseball, giù al campo base. Tolse la sicura e lanciò; a Willy sembrò lungo, ma quando la vide infilarsi nella buca capì perché era così conteso.
- Iauuuuu!!! Tre punti Reilly! -
L’esplosione zittì il vociare delle mitragliatrici e la finestra cominciò a vomitare fumo: a quella vista si lanciarono tutti sotto, vuotando rapidamente i caricatori dei fucili contro il fuoco dei Viet che cercavano di arginare la loro avanzata. Il Dio sembrava aver cambiato idea ora, il terreno era più stabile, non cedeva sotto gli stivali, c’era solida roccia a sostenerli, procedevano veloci e sicuri, riducendo al silenzio la voce lamentosa di Charlie. Forse il Dio aveva deciso che ora era il suo turno; forse adesso era sangue giallo che doveva saziare la sua sete, sparendo tra quelle grosse zolle nere e alimentarlo facendolo diventare più feroce, più forte, più folle. Willy era fra i primi e si trovò davanti al terrapieno che sosteneva il nido, un muro di fango di tre metri: all’improvviso una mitragliatrice ritrovò la sua voce falciando il loro fianco destro. Dunn, Parker, Fantini e Johnson erano morti prima ancora di toccare terra, poi la pioggia di piombo si spostò verso di lui, ma era abbastanza avanti da salvarsi tuffandosi direttamente sotto il nido, dove le mitragliatrici non potevano arrivare. Vide cadere Duscombe e Adams, fatti letteralmente a pezzi, poi si rialzò con in mano una bomba a mano; non aveva il talento di Reilly, ma era abbastanza vicino da poterne fare a meno. Nel momento in cui la fece partire si rese conto che non aveva aspettato abbastanza, la bomba entrò ma quasi subito Charlie la rispedì fuori mandandola vicino a Di Marco; l’esplosione gli portò via mezza faccia, facendolo cadere a terra in una spaventosa convulsione di morte. Adesso tutte le mitragliatrici avevano ripreso a far fuoco su di loro: il vecchio Dio non aveva cambiato idea, li aveva ingannati perché morissero tutti al suo cospetto, perché li voleva vedere bene mentre affondavano dentro al suo corpo umido e schifoso, ne aveva bisogno per potersi adorare in un rito di masturbatorio narcisismo. Di lì a poco cadde anche Reilly, questione di secondi e tutta il suo plotone sarebbe sparito tra le fangose membra del Dio. Se si fosse scoperto ancora lo avrebbero visto, il fucile era fuori discussione e aveva finito le bombe: tra poco si sarebbero ricordati di lui.
- Willy!!! Da questa parte! -
Il sergente lo stava chiamando mentre Knoxville attirava su di sé il fuoco. Burns gli tirò accanto le sue bombe ancora con la sicura, senza dirgli nulla perché non ce n’era bisogno. Il ragazzo questa volta seppe aspettare, poi ne lanciò due subito seguite dalla terza, si appiattì contro la parete del terrapieno e attese. Le tre esplosioni ridussero al silenzio il nido, facendo piombare la zona in un silenzio irreale: persino gli altri Viet sembravano spariti. Willy guardò verso il sergente con un sorriso stanco e sollevato; si accorse che qualcosa non andava quando vide gli occhi allarmati di Burns e voltandosi capì che il rumore che ora sentiva era quello del terrapieno che cedeva, indebolito dalla pioggia e da tutte le bombe. Un mare di terra e fango nero sommerse il soldato Willy.
Il Dio si era preso anche lui.

60's trip - NoSleepGirl
CITAZIONE
Era un altro mezzogiorno di fuoco nell'autostrada per Los Angeles, mi ero concesso soltanto una fermata per riposare, dopo la lunga notte passata al volante. Con una mano afferrai una lattina di birra nel piccolo frigobar del mio bestione, la aprii con l'altra lasciando per qualche secondo il volante. "Ahhhhhh che goduria" strillai, la radio passava gli ultimi successi stranieri, The Routes "left my mind". Pregai di non trovare nessuna giubba blu per la strada o con questa nuova storia del proibizionismo avrebbe subito piantato delle grane e oltre a rinunciare al mio fantastico lavoro e passare dure notti in gattabuia avrei dovuto prendere delle sonanti mazzate. Il mio corpo non ce la faceva più a incassare senza proferire parola; avevano iniziato a fare storie anche per la marijuana. La vecchia cara Acapulco Gold, un amico messicano me ne riforniva sempre quando passavo da lui. Era un'ottima amica, riusciva a portarmi su. Quella era l'ultima tappa di un viaggio durato mesi per trasportare il mio pesante carico, la vita da camionista ormai era parte di me. Mi ero abituato all'odore di benzina, all'igiene che scarseggiava, alle tavole calde lasciatemi alle spalle, alle donne che imploravano di rimanere con loro solo un'altra notte; il lavoro chiamava, e io ero lì, pronto a rispondere. La cosa che più mi piaceva era dormire all'aperto. Tutti dicevano che sarei morto nella fattoria di mio padre quando, portato avanti la sua azienda, lo avrei reso l'uomo più orgoglioso della terra. Non vedevo mio padre da mesi, l'ultima cosa che ricordavo di mia madre era il suo continuo lamentarsi dei miei capelli e del fatto che non aiutavo mai in casa. Mi trovava spesso nel fienile con qualche ragazza del villaggio e iniziava a inseguirmi con il forcone "Maledetto! Quando pensi di dare una mano a tuo padre? Di darti una svegliata e metterti un po' in ordine? Taglia quei stramaledetti capelli e smettila di sognare come un bambino, pensa alla realtà" Sono sicuro che continuasse ma ero troppo lontano per sentirla sbraitare ancora e la ragazza aveva appena fatto in tempo a rivestirsi e a darsela a gambe. L'unica cosa per la quale ringrazio mio padre è quella di avermi trasmesso l'amore per la terra. Non quella che si coltiva, parlo della terra disseminata, piena di piccoli organismi viventi striscianti, brulicanti, zampettanti. Dove la reincarnazione Zen vige il suo perfetto equilibrio, dove i fili d'erba crescono lenti ma inesorabili. Mi piaceva sentirmi a contatto con la terra, dormire nel suo grembo dal quale lei madre di tutto ci aveva partorito, mi aveva partorito. Nelle serate più buie mi ricongiungevo ad essa, steso nel mio leggero sacco a pelo, tendevo l'orecchio a terra e la ascoltavo sussurrare, facevo come gli indiani in Tex, ascoltavo chi si avvicinava. All'orizzonte mi aspettava il camion, imponente, nella sua forza sovrannaturale. Nelle notti più fredde mi immedesimavo nel nulla della natura per sentirmi parte di essa, come tutto quello che mi circondava, dalle montagne al più piccolo granello di sabbia. Meditavo per annullare il mio stupido essere materiale, come mi insegnavano i libri che ero riuscito a procurarmi illegalmente. Ero giovane per il mio mestiere, la maggior parte erano uomini con una lunga gavetta alle spalle, mentre per me era uno dei primi lavori seri. Quella era una giornata come tutte le altre, l'ultima fottuta calda giornata al volante prima di arrivare a Los Angeles. La città degli angeli, avrei trovato un buon posto dove accamparmi in periferia e magari qualche piccola bimba beat da portare con me. Era come andare in vacanza. Aprii un'altra birra e gettai quella finita dal finestrino, ruttai sonoramente. Un uomo sulla strada dello Zen non dovrebbe bere, ma è il mio eccesso, non vedo dove sia il male nello sperimentare le esperienze fino ai loro limiti più estremi per conoscere fino a dove posso arrivare. Nessuno mi avrebbe impedito di fare quello che volevo, nemmeno uno schifoso manganello. Il caldo mi faceva sudare, sfilai i Levis e portai i piedi sul cruscotto davanti al posto del passeggero. Cantai l'ultima degli Eletric Prunes; un camion mi passò a fianco nella corsia opposta, l’uomo alla guida mi salutò con la mano, suonai il clacson. Allora iniziai a sentire degli strani schiocchi, come degli spari, mi girai, controllai in tutte le direzioni ma non riuscivo a vedere nulla che avrebbe potuto provocare quei rumori assordanti. Seguì un rombo, che si perse con quello del motore del mio bestione "Che cazzo sta succedendo, dannazione?!" La terra iniziò a muoversi in verticale e a ondeggiare. "Diamine non ho bevuto così tanto! Che succede?" tremavo, la lattina che tenevo in mano mi sfuggì mi bagnò le gambe e i piedi. Tentai di frenare, ma andavo veloce, in questi rettilinei è difficile controllarsi, la terra ondeggiava e si muoveva sempre con più forza. "Dio, Buddha, madre terra o chiunque tu sia, fallo smettere!" Aprii lo sportello del camion e mi gettai, rotolai per qualche metro nella polvere. Proprio in quel attimo si aprì nel terreno un' enorme spaccatura, che fece incastrare le ruote del mio bestione. Non riuscivo a vedere nulla, la polvere mi impediva la vista, cercai di liberare gli occhi da quello schifo, ma continuavano a bruciarmi. I boati assordanti mi intontivano, la terra tremava meno, guardai avanti e vidi che il camion dell'uomo che mi aveva salutato era rovesciato. Iniziai a correre, saltai la spaccatura e urlai: "Terra perché ci punisci? Vuoi mostrarci i tuoi di limiti? Vorresti sapere perchè continuiamo a inquinarci e inquinarti? Ti stai ribellando? Ti capisco, si, ti capisco ma è troppo, troppo anche per noi" Giunsi all'abitacolo dell' altro camion, l'uomo urlava, "Calmati, ora ti tiro fuori di lì." Mossi le lamiere e riuscii a trascinarlo fuori, "Grazie amico, credevo che si sarebbe messa brutta anche per te" "Io sto bene." In boxer e t-shirt avevo poco da star bene, ma sorridevo, nostra madre ci aveva risparmiato. Ritornammo al mio camion dove la musica non aveva smesso di suonare, ora i Monkees cantavano "I'm a beliver" Presi la radio e chiamai la centrale, mi dissero che avevamo assistito al peggior terremoto degli ultimi 10 anni e che avrebbero mandato qualcuno a raccoglierci. L'altro camionista si chiamava Bill era uno dei veterani della strada, conosceva benissimo la cultura beat e ne sapeva una più del diavolo di letteratura. Per tutto il tempo che attendemmo rinforzi mi parlò di lui "Sai, ho conosciuto Ginsberg, dovresti vederlo anche te, è un vero mito." Annuii "Sono cresciuto in campagna, non ne so molto di letteratura, dalle mie parti non è quella l'importante, per mio padre al primo posto ci sono i soldi, e per lui è tutto uno spreco di tempo" "Ma tu sei un giovanotto, non vedo perchè non dovresti buttarti in queste cose, sono esperienze che ti arricchiscono, sai mio nonno era un pellerossa, un vero capo tribù. Lui sapeva tutto sulla nostra cultura" Mi pareva strano il fatto che lui avesse conosciuto Ginsberg e allo stesso tempo suo nonno fosse un capo tribù ma mi divertiva parlare con lui così continuai "Ah si? E cosa faceva di bello tuo nonno?" "Fabbricava peyote, era uno dei maggior produttori di tutta l'America, giungevano da tutto il mondo per rifornirsi da lui" "E tu, ne hai?" "Pensi che sia uno stupido? Io sono il suo nipote preferito!" fece una lunga risata stridula, si passò la lingua sulle labbra con un fare morboso, lo guardai con meraviglia negli occhi, non era altro che uno stupido vecchio racconta balle. "Eccoti il nostro pane degli dei, prendine poco che mio nonno sapeva bene quello che faceva."
Fu l'esperienza mistica più forte della mia vita, vidi tutta la terra davanti a me, nelle mani del creatore che mi rimproverava di non essere stato abbastanza clemente, poi la terra si impossessò di lui e mi abbracciò. Mi trovavo nel suo grembo materno, immerso nel suo caldo liquido amniotico, e tutto era pace, tutto armonia. Ero vicino alla donna della mia vita, alla mia madre terra, al mio fianco vi erano tutti i miei fratelli che la abitavano e tra loro c'era anche Bill intento a abbracciare una pecora, e continuava a ripetere, "Qui tutto è amore, Dio ama la terra e la terra ci ama."
Mi risvegliai accanto a Bill steso a terra nella polvere.
Un camioncino si fermò vicino a noi "Siete voi che devo recuperare? Ho chiamato qualcuno che venga qui a rimettere in strada i vostri bolidi, intanto salite con me." Mi alzai in piedi tremante e tirai per un braccio Bill che mi seguì come un cagnolino, pesava come un sacco di patate. Quella notte salutai Bill mi augurai di ritrovarlo presto, volevo ripagarlo per il trip del pomeriggio ma lui disse in tono solenne "Tu mi hai salvato la vita è giusto che in qualche modo io ti ricompensi, mi raccomando vagabondo non perdere mai la strada per il Dharma" Se ne andò, non lo rividi più, da quel giorno, ma fu senza alcun dubbio importante per me.
Dormii all'aperto anche quella notte, vicino a Abby una ragazza che avevo conosciuto in un Bar nella periferia di Los Angeles. Avevamo ballato tutta la sera e allora mi faceva compagnia prima che io tornassi alla base a recuperare il mio bestione. Avevo comperato un paio di pantaloni all' esercito della salvezza quel pomeriggio e lei era tutta intenta a togliermeli. "Piccola, possiamo parlare un po'?" "Come ti va" "Di dove sei?" "Di Boston" "Cosa fai nella vita?" "Lavoro in un negozio di moda orientale" "Bene, e cosa pensi dei camionisti e della cultura beat?" "Che domande strane fai, odio i camionisti, sono sporchi rozzi e di beat non capiscono proprio nulla" "Mmm, sei una provincialotta" "Non chiamarmi così, non mi piace" "Che lavoro fa tuo padre?" "E' generale della marina." Risi animatamente fino a non riuscire più a respirare "Tu sei figlia di un generale della marina e adori la cultura beat! Quanti anni hai bimba?" “Diciotto" Mi misi seduto velocemente. "Alla tua età le bambine giocano ancora con le bambole, che ci fai qui con me?" "Sono più furba di quanto pensi" Mi ristesi "Allora, raccontami qualcosa di te" "Che vuoi sapere?" "Non so, stupiscimi" "Sono figlia di Tellus, di Gea e Tari Pennu, sono qui per riportarti alle origini" Esplose in una risata cristallina e mi si gettò addosso. "Mmm, ora forse iniziamo a ragionare" Sorrisi e la baciai.
Quella notte fu forse meglio del trip pomeridiano, diciamo alla pari; conobbi tutte le facce della Terra e la esplorai in tutte le sue zone, anche in quelle più nascoste. Raggiunsi il Dharma proprio come il vecchio camionista mi aveva raccomandato.

Genesi - Tinkerbell91
CITAZIONE
Al principio del mondo vi era solo il Nulla. È impossibile per voi, comodamente seduti nelle vostre belle case, mentre fuori infuria la tempesta, concepire quest’idea, eppure era così.
Non so dirvi di preciso cosa sia il Nulla…forse la semplice assenza di cose, una sorta di buio tunnel senza fine, senza inizio, senza pareti.
Riusciamo sempre a descrivere il nulla come qualcosa che manca, che non c’è. Ciò di cui vo voglio parlare io rappresenta la comparsa di Qualcosa all’interno del Nulla, la nascita della Vita, la Creazione di Eervènian.
Tanto tempo fa, oltre ogni memoria, quando il Nulla era ancora il padrone del mondo, io esistetti. Mi piacerebbe dire che nacqui, ma il termine non sarebbe appropriato. Io non sono mai nata da nessuno; semplicemente io esisto. Forse ci sono sempre stata senza saperlo, forse un Essere ancora più grande e potente di me mi ha creato e subito dopo abbandonato, poiché mai ho avuto sentore della sua presenza.
Ad ogni modo, un giorno aprii gli occhi, e non vidi nulla. Una terribile angoscia mi colse; ero composta di materia, ma non mi vedevo, avevo consistenza, ma non mi percepivo, però c’ero. Volevo avere un contatto, un contatto fisico. Così concentrai ogni molecola del mio essere verso l’obiettivo a cui aspiravo. Volevo Vita. Non dovetti attendere molto per vedere il mio desiderio realizzarsi. A velocità sorprendente all’ interno del mio grembo vennero concepiti i miei primi figli. A loro avrei offerto riparo e grazie a loro mi sarei sentita meno sola. Dopo aver creato le mia creature mi abbandonai ad un sonno ristoratore, che, cullandomi col suo tepore, mi fece recuperare le forze.
Al mio risveglio vidi i miei figli cresciuti: fiori di ogni dimensione e colore giacevano ovunque, ondeggiavano sugli steli sottili, chinavano la corolla in attesa di ninfa vitale. Piccoli arbusti intricati interrompevano quel tappeto dalle mille tonalità; erano complicati, difficili da capire, profondi: erano una parte di me. Ciò che più mi fece meravigliare della mia stessa grandezza furono però gli alberi. Quasi senza rendermene conto avevo partorito dei giganti, che svettavano su tutte le altre creature come guardiani, come fratelli maggiori.
Osservai quella landa senza fine, ormai non più brulla, ma che viveva e cresceva per me e grazie a me. Ero soddisfatta del mio lavoro, talmente soddisfatta che l’Orgoglio mi accecò.
Lasciai passare molto tempo prima di ammettere che il quadro non era completo.
La potenza del Nulla si era chinata al mio volere, l’avevo sconfitta, annientata. Una parte di lei, però, si era insediata in me, aveva preso posto nelle mie viscere, in profondità. Quando me ne accorsi, per fortuna, non era troppo tardi per scacciarla.
Era lui che mi teneva nel torpore, che mi confondeva le idee, che voleva riappropriarsi di ciò che gli avevo tolto, del mondo.
Ma il mondo non era mai stato davvero suo, perché lui non è niente, lui era il Nulla!
Combattei aspramente contro me stessa, contro quella parte parassita di me. Vinsi.
Come già era successo, una smania creativa fece affluire in me la linfa della vita, e di nuovo composi. Non erano piante, non erano fiori. Erano animali. Abitavano sopra di me, si nutrivano di me e dei miei figli, ma non per cattiveria. Era l’andamento naturale delle cose. In quel periodo sul mondo regnò l’Equilibrio. Era un momento felice.
In quanto Madre ero fiera di ciò che avevo fatto. Mi sentivo un’artista e ammiravo la mia opera ogni momento.
Il cuore mi si inteneriva alla vista di un cerbiatto che piangeva in cerca della madre, di un fiore che schiudeva i propri petali al nuovo giorno, di una coppia di gatti in amore.
La mia famiglia era felice, e io con loro.
Per ultimi creai voi, sì, voi uomini, che adesso mi avete messo da parte, sfruttata e dimenticata come un oggetto vecchio, che ha perso la sua utilità, che ha fatto il suo corso. Ma io vi ho creato, e io vi posso distruggere. E io vi distruggerò.
Vi ho amato e siamo andati d’accordo, ma poi avete confuso i ruoli: io sono la Signora, la Madre; voi i Figli. E come i vostri figli, che tanto vi fanno crucciare, anche voi mi avete fatto disperare.
Ero ben contenta di offrivi riparo e cibo, di fornirvi lavoro, ero orgogliosa dei vostri progressi, ma ho realizzato troppo tardi cosa stavate facendo: mi stavate abbandonando, dedicandovi ad altri culti.
Gettata come spazzatura, usata. Ecco come mi sento.
Sentite questo rumore? Lo sentite? Il rombo sordo vi spaventa, non è vero? Fate bene a temere, fate bene. Non vi riconosco più come mie creature, vi diseredo. No. Vi annullo.
Servirete da monito per tutti coloro che oseranno sfruttarmi senza rispetto, professando una falsa devozione e pugnalandomi alle spalle. Ipocriti. Se mi aveste detto subito che non mi volevate, se non mi aveste illuso, vi avrei capito e sareste stati perdonati. Ormai il dado è tratto, la sorte segnata.
Temete il rombo, temetelo, perché sarà l’ultima cosa che sentirete, la mia ninna nanna finale.
Dal mio interno una fenditura spaccherà la mia corazza, la superficie sui cui voi vivete tremerà e io vomiterò il dolore che mi avete provocato. Verrete risucchiati nella fenditura della terra, tornerete dentro di me. A casa, finalmente.
Tutto ha una fine, miei piccoli. Questa è la vostra.
Si conclude la Genesi.


Incubi - tixolina

CITAZIONE
Un’altra giornata rovente di quel mese di luglio stava per terminare e con lei un altro lungo turno di pattuglia nelle zone calde e afose lungo il Mississippi. Un vero e proprio inferno nella canicola estiva, quando, dai lati delle strade, si alzavano sinistre esalazioni, il respiro della terra, diceva la credenza popolare. In realtà si trattava di un fenomeno naturale, vista l’elevata umidità e il caldo che favoriva l’evaporazione dei rigagnoli che si gettavano nel grande fiume.
Sean, al volante dell’auto di pattuglia, sentiva già le palpebre pesanti e la stanchezza sulle spalle. Francine, la sua partner sul lavoro, che tutti chiamavano Fran, guardava fuori dal finestrino, assorta nei suoi pensieri. Lui la osservò qualche istante, chiedendosi cosa le passasse in mente in quelle giornate così calde. Chissà se, anche lei, avrebbe voluto andarsene da quelle paludi. Chissà se ci pensava mai.
“Perché mi stai fissando?” chiese lei, rompendo il silenzio.
“Come fai a dire che ti sto fissando se guardi dall’altra parte?” ribatté lui, distogliendo lo sguardo. Era vero. La stava fissando. Anche se l’aveva fatto solo per qualche secondo.
“Lo sento.” disse lei, voltandosi. “Non è così?” Sorrise e lui non poté fare a meno di annuire. Sincero, decise lei.
“Mi chiedevo a cosa pensassi.” disse, pentendosene subito dopo. Non erano certo affari suoi. Lei lo guardò, mentre lui, impegnato in un’inversione, controllava la strada. Via libera.
“Quanti anni hai Sean?” chiese lei, invece.
“Ventisei.”
“Io ne ho ventiquattro e mi capita spesso di pensare al futuro. Cioè, cosa sarà della mia vita tra un paio d’anni.”
“Hai mai pensato di andartene?” ribatté lui.
“No” sussurrò, “Questa è la terra dove sono nata e cresciuta. Dove sono sepolti i miei genitori e dove voglio essere sepolta anche io. Tu vuoi andare via?”
“Non lo so più. Anni fa ti avrei risposto di sì. Il mio unico desiderio era andare via da questo inferno. Dopo la morte di mio padre non ho fatto altro che pensare di andarmene. Non l’ho mai fatto per mia madre, per non farla soffrire ancora...”
“E adesso?”
“Ogni tanto ci penso ancora. Ma poi faccio come te. Mi ripeto che questa è la terra dove sono nato e dove vorrei morire...”
“Possibilmente di vecchiaia.” rise Fran, ma Sean non lo trovò divertente. Suo padre era morto in servizio, in un incidente durante un inseguimento. Era stato uno choc per Sean, appena entrato all’accademia per diventare poliziotto come lui.
“Scusami...” biascicò lei, rendendosi bruscamente conto di ciò che aveva detto.
“Non fa nulla.” sorrise lui. Un sorriso stiracchiato e poi di nuovo silenzio.
“Sai...” riprese dopo un po’ lui, “Sono sempre stato convinto che tu saresti stata la prima a partire.”
“E invece sono l’unica che ha resistito.” Scoppiò a ridere. Le altre tre agenti entrate in polizia con lei, avevano abbandonato la Louisiana alla prima occasione.
“A volte è dura dover dimostrare di avere le stesse capacità di voi maschi.” Aggiunse dopo, tornando seria, “Ed è difficile cercare di ragionare ogni giorno con chi, mentre parli, non fa altro che immaginarti nuda nel suo letto.”
Sean annuì. Conosceva il genere.
“Tu non l’hai mai fatto.” disse poi.
“È una domanda?” ribatté lui, sentendosi avvampare. Era capitato, a volte, di intravederla mentre indossava la divisa e, nonostante si fosse ripetuto che si trattava solo di una collega, aveva sentito una sorta di attrazione, subito domata.
“Non so. Tu non mi sembri il tipo che si chiede come siano le tette di una poliziotta.”
“Potrei esserlo e riuscire a nasconderlo.”
Fran si abbandonò di nuovo in una spontanea risata.
“Te lo sei chiesto, allora?” sghignazzò lei.
Scherzarono ancora un po’, poi Sean guardò l’orologio. Mancavano cinque minuti alla fine del turno e più di mezz’ora di strada per arrivare al distretto. Una piccola sosta sarebbe sicuramente passata inosservata.
“Ti va di bere qualcosa?”
“Perché no?” accettò lei, “Però non al Ritrovo.”
Il Ritrovo era un locale appena fuori dal centro abitato, frequentato per lo più da poliziotti fuori servizio. Era lì che le tre colleghe avevano maturato la decisione di levare le tende ed era lì che, in più di un’occasione, avevano tentato di convincerla ad abbandonare la Louisiana.
“Tranquilla” assicurò, “Conosco un posto davvero carino.”
Una cameriera in minigonna e top aderente, gli servì due birre ghiacciate su un vassoio con il logo della coca cola. Pubblicità occulta, considerò Sean. Lo stesso doveva aver pensato Fran, che in quel momento stava fissando la ragazza per poi spostare la sua attenzione sul suo collega. Strano. Dopo il discorso in macchina, non riusciva a vederlo solo come collega.
“Tu ce l’hai una ragazza?” chiese, sorseggiando la sua birra.
“Come scusa?”
“Una ragazza? Ti vedi con qualcuna?”
“No... no...”
“Allora, se ti interessa il genere, la cameriera non rifiuterebbe un tuo invito.” Disse lei, sollevando il mento in direzione della ragazza che ancheggiava verso il bancone.
“Non è il mio tipo.” rispose Sean, mandando giù quasi metà della sua birra.
“E qual è il tuo tipo?” insistette lei divertita.
“Quando lo saprò, ti farò sapere.” Sorrise lui. Si scambiarono un’occhiata complice, come due vecchi amanti per i quali, finita la passione, è rimasto un forte legame di profonda e sincera amicizia. Fra di loro non era così, non erano mai stati amanti, né veri amici. I loro rapporti s’erano sempre mantenuti su un livello professionale, fino a quel pomeriggio, quando entrambi s’erano avventurarti su sentieri inesplorati. E scoprire di provare un profondo legame per una terra che non aveva dato loro altro che sofferenze e dolore, era stato per entrambi un istante di intima complicità. E quel momento, quasi surreale, stava continuando lì dentro, seduti a quel tavolo, a sorseggiare birra guardandosi negli occhi. E sembrava così naturale essere lì.
Quando uscirono, un’ora dopo, senza che nessuno si fosse reso conto di quanto tempo avevano passato a chiacchierare, si avviarono verso l’auto.
“Dovremmo rifarlo qualche volta.” esclamò Fran, mentre armeggiava con la cintura di sicurezza. Sean non disse nulla, limitandosi a sporgersi verso di lei, finché le loro labbra non si sfiorarono. Lei non si tirò indietro, lasciandosi andare tra le sue braccia. Le labbra si schiusero e le loro lingue si incrociarono, cercandosi ed inseguendosi in un appassionato bacio. Ma quell’attimo magico fu spezzato da un rumore improvviso, un forte colpo sul parabrezza.
Una ragazza dall’espressione stravolta, stava bussando sul vetro, per poi spostarsi lateralmente sul finestrino di Sean. Gridava qualcosa che nessuno dei due riuscì a capire, ma le sue mani lasciavano un’inconfondibile striscia color porpora. Sangue, pensò Sean. La ragazza aveva le mani insanguinate ed invocava aiuto.
“Si calmi, signorina.” Iniziò Sean, balzando giù dall’auto. L’afferrò per le braccia, tentando di tenerla ferma. Era spaventata e sembrava che stesse scappando da qualcuno.
“Cos’è successo?” chiese Fran, anch’ella uscita dalla pattuglia. Teneva una mano sulla pistola d’ordinanza e l’altra sulla radio portatile agganciata alla spalla.
“Laggiù... sono laggiù... sono tutti laggiù...” blaterava la ragazza, in evidente stato confusionale.
“Chi?” insistette Sean, lanciando un eloquente sguardo alla sua collega che chiamò subito rinforzi. Lei balbettò ancora qualcosa di incomprensibile, indicando una casa in stile coloniale dall’aspetto trasandato.
“Vado a dare un’occhiata.” esclamò Sean. “Tu aspetta qui con lei.”
“Tu sei pazzo.” lo rimbeccò Fran, “Non puoi andare lì da solo.”
“E che vorresti fare? Aspettare che arrivano i rinforzi, chissà quando?”
“No, vengo con te.”
“Non se ne parla, Fran...”
“Sean...” cercò di fermalo, ma lui s’era già incamminato, pistola stretta in mano, verso il casolare. Fran lo seguì con lo sguardo, pronta a scattare semmai ci fosse stato qualcosa che non la convincesse. Ma ci fu solo silenzio. Un lungo silenzio. Nessuna voce, nessuno sparo. Anche la ragazza s’era ammutolita e nell’afa ancora pressante della sera, quella calma aveva un qualcosa di sinistro.
“Aspetta qui.” ordinò Fran, preoccupata, “I miei colleghi stanno per arrivare.” Aggiunse avviandosi verso la casa e seguendo il sentiero percorso pochi minuti prima da Sean. Quando voltò l’angolo, lo vide. Sean se ne stava immobile con lo sguardo perso nel vuoto.
Lo chiamò, ma lui non rispose, come se non l’avesse sentita. Si avvicinò a lui e lo afferrò per il braccio, ma lui sembrava insensibile al suo tocco e alla sua voce, palesemente preoccupata. Cosa diavolo gli stava succedendo?
“Sono qui.” Disse lui, con un filo di voce.
“Chi?”
“Tutti. Sono qui sotto.”
“Di chi parli?”
“Tutta quella gente.” Spiegò, “Tutti coloro che mi chiamano… ogni notte…”
“Sean? Di che stai parlando?”
Ma lei non sapeva, non aveva idea degli incubi che lo perseguitavano ogni notte. Sean cadde pesantemente sulle ginocchia, affondando nel terreno molle. Si piegò in avanti, conficcando le dita nella terra. Scavò davanti a sé, scavò con rabbia e disperazione, mentre il sudore scendeva copioso dalle tempie e si confondeva con le lacrime. Scavò ancora e ancora e alla fine lo trovò. Il primo.
I rinforzi arrivarono nel giro di venti minuti e subito dopo di loro il coroner della contea. Quando, un ora dopo, comparvero sulla scena anche alcuni agenti dell’FBI in servizio nella sede di New Orleans, la polizia aveva già disseppellito quattordici cadaveri, inghiottiti in quel terreno melmoso da chissà quanti anni. E Sean l’aveva sempre saputo.



Edited by ~*~Elenariel~*~ - 25/6/2007, 01:44
 
Top
CarDestroyer
view post Posted on 24/6/2007, 16:30




ggg, sei scivolato su alcuni termini forse troppo desueti, e la narrazione è forse troppo favolistica, però la metafora mi è piaciuta assai ^_^

Jedi, come sempre le tue scene e il ritmo sono esaltanti e visive :)

NoSleepGirl: ho come l'impressione che io c'entri qualcosa in questo racconto :D
Non ho saputo resistere a fare questi appunti :P :
l'odore che sentono i camionisti, anche quelli americani, è quello del gasolio, non della benzina;
CITAZIONE
facevo come gli indiani in Tex

Tex è un fumetto italianissimo!
In definitiva è un racconto che scorre meglio dei tuoi precedenti, ma qualche volta ho avuto la sensazione che a parlare fosse una donna anziché un uomo.

Tinkerbell91: interessante, riprendi l'idea di Gea e le dài una connotazione più umana e vendicativa ^_^ . Mi è piaciuto soprattutto il finale, quel
CITAZIONE
Si conclude la Genesi.

CITAZIONE
in attesa di ninfa vitale

Piccolo lapsus: Linfa vitale
CITAZIONE
La potenza del Nulla si era chinata al mio volere, l’avevo sconfitta, annientata. Una parte di lei, però, si era insediata in me, aveva preso posto nelle mie viscere, in profondità. Quando me ne accorsi, per fortuna, non era troppo tardi per scacciarla.
Era lui che mi teneva nel torpore, che mi confondeva le idee, che voleva riappropriarsi di ciò che gli avevo tolto, del mondo.

Cambi da lei a lui :wacko:

Tixolina: wooo! Bello l'intreccio professionalità/passione/sospetto! Anche il finale è secondo me azzeccato, pur essendo aperto ^_^


Allora, tirando le somme, e mettendo i miei gusti avanti a tutto :P , direi che se la giocano quasi alla pari Jedi e Tix, con un ggg che rimane fuori per un soffio. Okay, la farò poco lunga e dico subito che voto Jedi :)
 
Top
NoSleepGirl
view post Posted on 24/6/2007, 17:16




CITAZIONE
NoSleepGirl: ho come l'impressione che io c'entri qualcosa in questo racconto

Non è così! image non mi sono ispirata a nulla se non all'idea che avevo del camionista beat! Se ti ci rivedi significa che un po' ci assomigli image
CITAZIONE
Non ho saputo resistere a fare questi appunti :
l'odore che sentono i camionisti, anche quelli americani, è quello del gasolio, non della benzina;

CITAZIONEfacevo come gli indiani in Tex

Tex è un fumetto italianissimo!

image
E io che mi sono anche informata sulla data per non imbattere in un fumetto posteriore! Mannaggia. image

CITAZIONE
In definitiva è un racconto che scorre meglio dei tuoi precedenti, ma qualche volta ho avuto la sensazione che a parlare fosse una donna anziché un uomo.

image Da dove questo? image
 
Top
CarDestroyer
view post Posted on 24/6/2007, 17:47




CITAZIONE (NoSleepGirl @ 24/6/2007, 18:16)
CITAZIONE
NoSleepGirl: ho come l'impressione che io c'entri qualcosa in questo racconto

Non è così! image non mi sono ispirata a nulla se non all'idea che avevo del camionista beat!

Meglio così ^_^ . Metti che arrivi prima di me, vuoi mettere lo sconforto che mi sarebbe preso? :D
CITAZIONE
CITAZIONE
Non ho saputo resistere a fare questi appunti :
l'odore che sentono i camionisti, anche quelli americani, è quello del gasolio, non della benzina;

CITAZIONEfacevo come gli indiani in Tex

Tex è un fumetto italianissimo!

(IMG:https://digilander.libero.it/Petboy/gentestrana/cristo.jpeg)
E io che mi sono anche informata sulla data per non imbattere in un fumetto posteriore! Mannaggia. image

Tex fa parte di Sergio Bonelli Editore, lo stesso di Dampyr :ave:
CITAZIONE
CITAZIONE
In definitiva è un racconto che scorre meglio dei tuoi precedenti, ma qualche volta ho avuto la sensazione che a parlare fosse una donna anziché un uomo.

image Da dove questo? image

Quando ti riferisci al camion con osservazioni del tipo
CITAZIONE
All'orizzonte mi aspettava il camion, imponente, nella sua forza sovrannaturale.

Di solito noi omìni ci riferiamo ai nostri mezzi di locomozione con nomignoli poco sensuali e maledicendone prima i difetti :P . Tra l'altro in questo periodo c'è una virgola di troppo :tsf:
 
Top
ggg414
view post Posted on 24/6/2007, 17:56




Car non è un periodo, al massimo è una frase...
 
Top
CarDestroyer
view post Posted on 24/6/2007, 18:09




1) All'orizzonte mi aspettava il camion
+
2) (era) imponente, nella sua forza sovrannaturale.
image
 
Top
NoSleepGirl
view post Posted on 24/6/2007, 18:15




image pace e amore ^_^ :fiore:
 
Top
ggg414
view post Posted on 24/6/2007, 18:15




CITAZIONE (CarDestroyer @ 24/6/2007, 19:09)
1) All'orizzonte mi aspettava il camion
+
2) (era) imponente, nella sua forza sovrannaturale.
image

Se dico che non è un periodo, non è un periodo!!!!!!!!!Ho 9 a italiano e io ho SEMPRE ragione!!!!! :mia!:



Apparte gli scherzi potrebbe essere sia un periodo che non. Se intendi IMPONENTE come aggettivo....
 
Top
CarDestroyer
view post Posted on 24/6/2007, 20:38




Ehm, torniamo in topic image
 
Top
ggg414
view post Posted on 24/6/2007, 23:00




si OK...

mi ero scordato che te sei quello che confonde i verbi con gli aggettivi!!! :lol: :P :P
 
Top
view post Posted on 25/6/2007, 17:29
Avatar


•••••••••

Group:
Custode del Calamaio
Posts:
9,832
Location:
Sicilia

Status:
Anonymous


Cominciamo dall’inizio… in ordine alfabetico.

Il racconto di Car - Terra
Scorrevole, non c’è dubbio. Fantastico, idem come sopra. Forse anche troppo per i miei gusti, che, non amando il genere, mi sono persa… forse troppo presto. E ho perso i fili del discorso e non sono riuscita a immaginare cosa possa essere il “flyer d’ordinanza” (scusa l’ignoranza, Car… lo so, è un mio limite!) e mi sono persa nella conclusione… insomma, che fine fa il ministro? E chi sono quelli che lo interrogano? E di che stanno parlando?

Il racconto di ggg – Le radici del Baobab
Ricercato, come la poesia, forse anche troppo… in molte occasioni ho dovuto rileggere ogni frase due volte per poterla comprendere e in più di un’occasione ho riletto la frase invertendo le parole e rendendola più scorrevole, per me. La mia impressione è stata quella di leggere una poesia resa in prosa. Forse come poesia mi sarebbe piaciuta di più. E comunque, avrei messo più virgole, soprattutto all’inizio.

Il racconto di Jedimaster – Soldato Willy
Attendevo con ansia il momento di arrivare a questo racconto, per una serie di motivi. Primo fra tutti è scritto da un conterraneo, mica poco! Secondo, la critica di Car mi aveva incuriosita. Terzo, non so spiegare bene perché, visto che di Jedi non ho letto nulla (tranne questo racconto ora e un brano sul rumore dell’acqua), però fin dall’inizio ho sempre pensato che con le parole ci sa fare… e avevo ragione!!
Sono rimasta a leggere il racconto quasi in apnea, desiderosa di arrivare alla fine… e poi sono stata colta dallo sconforto “vedendo” lo sguardo allarmato di Burns. Ho capito che stava per succedere qualcosa… ed è successo. Non ho esclamato il mio “noooooo” a voce alta, solo perché poi avrei dovuto dare spiegazioni ai miei. Ma non so se conoscete quella sensazione di guardare un film ed essere convinti (o almeno sperare) che si concluda in un certo modo e invece… ecco queste sono state le mie sensazioni. E provare questo tipo sensazioni forti nel leggere un racconto (o un romanzo) è ciò che me lo fa apprezzare di più. Certo, ad un certo punto mi sono persa un po’ (non sono riuscita a capire chi era Charlie), però ho “visto” uno per uno quei soldati, quei ragazzi, ciò che succedeva a loro e intorno a loro… come se stessi guardando uno di quei film sul Vietnam.

Il racconto di NoSleepGirl – 60’s trip
Anche se a tratti ho faticato a capire di che si stava parlando (soprattutto i discorsi dialogati con l’altro camionista), e mi sono persa nei viaggi “mistici” del protagonista. A proposito, ma quanti anni dovrebbe avere più o meno? All’inizio sembra un ragazzo, diciamo non oltre la trentina, ma quando parla con la ragazza, sembra quasi un sessantenne!!

Il racconto di Tinkerbell – Genesi
Sarà che sono io che non riesco ad entusiasmarmi nei racconti di questo genere… poi la conclusione, quegli ammonimenti che fanno presagire a catastrofi mi mettono ansia. Però, tralasciando queste mie sensazioni, trovo il racconto, nel suo complesso, molto scorrevole… non uno di quelli che ti fa venire voglia di chiudere tutto e lanciare il libro dalla finestra (in questo caso, chiudere la pagina del forum :D )

Il racconto di Tix – Incubi
Devo commentare anche questo?? Nooooo!!
L’unica cosa che vorrei dire è che aver letto il commento di Car, che ha messo il mio racconto allo stesso livello di quello di Jedi, mi ha emozionata e commossa! Capperi! Io come Jedi? E dopo aver letto il racconto di Jedi, questa emozione è cresciuta. Per me è stato meglio di qualunque voto ricevuto e la considero quasi una vittoria… la mia vittoria. Grazie Car per aver apprezzato. Grazie a tutti!

... in conclusione, semmai nn si fosse capito, ho votato per Jedi!!!

Un sorriso, Tix
 
• Www  Top
CarDestroyer
view post Posted on 25/6/2007, 17:59




CITAZIONE (tixolina @ 25/6/2007, 18:29)
Cominciamo dall’inizio… in ordine alfabetico.

Il racconto di Car - Terra
Scorrevole, non c’è dubbio. Fantastico, idem come sopra. Forse anche troppo per i miei gusti, che, non amando il genere, mi sono persa… forse troppo presto. E ho perso i fili del discorso e non sono riuscita a immaginare cosa possa essere il “flyer d’ordinanza” (scusa l’ignoranza, Car… lo so, è un mio limite!) e mi sono persa nella conclusione… insomma, che fine fa il ministro? E chi sono quelli che lo interrogano? E di che stanno parlando?

Flyer è ormai universalmente usato per indicare i velivoli a uso personale, auto o mezzi più pesanti che volano. Inizialmente l'avevo chiamato "velivolo", e credo che lo rinominerò per portarlo alla festa de L'Unità ;) .
Il ministro (cioè un politico), si salva perché arriva il battaglione berserker (militari) a salvarlo da quelli che sono, né più né meno, ribelli. L'ultima frase che dice, fa capire che in realtà il vero scopo dei ministri immortali è quello di crearsi un sistema solare vagante (la sfera di Dyson, non l'ho inventata io, è una sfera di proporzioni astronomiche cava all'interno, e contiene un piccolo sole che dà luce e calore; la superficie abitabile diventa quella interna anziché quella esterna). In pratica, i politici pensano al loro tornaconto anziché a quello dei cittadini :P
CITAZIONE
Il racconto di Tix – Incubi
Devo commentare anche questo?? Nooooo!!
L’unica cosa che vorrei dire è che aver letto il commento di Car, che ha messo il mio racconto allo stesso livello di quello di Jedi, mi ha emozionata e commossa! Capperi! Io come Jedi? E dopo aver letto il racconto di Jedi, questa emozione è cresciuta. Per me è stato meglio di qualunque voto ricevuto e la considero quasi una vittoria… la mia vittoria. Grazie Car per aver apprezzato.

È vero, ci sono tanti cambi di prospettiva e un finale inatteso, si legge bene, che cosa si può volere di più? Magari se mi paghi la fattura sono più contento :P
 
Top
view post Posted on 25/6/2007, 18:16
Avatar


•••••••••

Group:
Custode del Calamaio
Posts:
9,832
Location:
Sicilia

Status:
Anonymous


CITAZIONE (CarDestroyer @ 25/6/2007, 18:59)
Flyer è ormai universalmente usato per indicare i velivoli a uso personale, auto o mezzi più pesanti che volano. Inizialmente l'avevo chiamato "velivolo", e credo che lo rinominerò per portarlo alla festa de L'Unità ;) .
Il ministro (cioè un politico), si salva perché arriva il battaglione berserker (militari) a salvarlo da quelli che sono, né più né meno, ribelli. L'ultima frase che dice, fa capire che in realtà il vero scopo dei ministri immortali è quello di crearsi un sistema solare vagante (la sfera di Dyson, non l'ho inventata io, è una sfera di proporzioni astronomiche cava all'interno, e contiene un piccolo sole che dà luce e calore; la superficie abitabile diventa quella interna anziché quella esterna). In pratica, i politici pensano al loro tornaconto anziché a quello dei cittadini :P

Te l'avevo detto, Car... sono limitata in quell'ambito!!! :unsure:

CITAZIONE
È vero, ci sono tanti cambi di prospettiva e un finale inatteso, si legge bene, che cosa si può volere di più?

WOWWWW!!! :kiss: :kiss: :kiss:

CITAZIONE
Magari se mi paghi la fattura sono più contento :P

:azz: :cry: :cry: :cry:

 
• Www  Top
ggg414
view post Posted on 25/6/2007, 19:36




CITAZIONE (tixolina @ 25/6/2007, 18:29)
Il racconto di ggg – Le radici del Baobab
Ricercato, come la poesia, forse anche troppo… in molte occasioni ho dovuto rileggere ogni frase due volte per poterla comprendere e in più di un’occasione ho riletto la frase invertendo le parole e rendendola più scorrevole, per me. La mia impressione è stata quella di leggere una poesia resa in prosa. Forse come poesia mi sarebbe piaciuta di più. E comunque, avrei messo più virgole, soprattutto all’inizio.

Uffa!!Tix ma non sarà che comprendi poco di tuo??Sto scherzando!!!!! :P :P Lo sai che ti voglio bene, è che scrivo così, per ora non mi riesce di scrivere in modo meno ricercato(anche se non mi sembra così tanto) :cry:.

Ti ringrazio per avermi fatto notare delle virgole, è vero ce ne vorrebbero di più :drop:

Ed è vero che si legge un po' come una favola ma questo non so chi me lo ha suggerito....


Ah Car!!!
 
Top
ggg414
view post Posted on 25/6/2007, 20:23




Soldato Willy - Jedimaster
CITAZIONE
- Cazzo, ho detto in piedi! Vogliamo mollare adesso che stiamo per sfottere quel nido di merda? Avanti Willy, muovi quel culo! -
Willy uscì dal riparo che il tronco gli dava in tempo per sentirsi fischiare una pallottola accanto all’orecchio. Un altro assalto; dopo il tredicesimo aveva smesso di contarli, come se non bastasse in due giorni erano riusciti ad avanzare solo fino a circa metà strada dal loro obiettivo, quel maledetto nido di mitragliatrici che continuava a pisciare pallottole su di loro. Il plotone del capitano Mendieta era stato fatto a pezzi e i pochi sopravvissuti erano stati accorpati a loro; la compagnia Bravo avrebbe dovuto dar loro supporto attaccando la posizione dal fianco destro, ma ancora non si vedeva nessuno e il sergente Burns non aveva più intenzione di aspettarli. La vegetazione era così fitta che non si riusciva a vedere il nido, solo qualche volta se ne poteva vedere il fuoco delle mitragliatrici dal fitto del fogliame.
Se si aveva sfiga. Sì, perché difficilmente saresti riuscito a vedere altro, una raffica aveva praticamente tranciato la gamba a Chad sopra il ginocchio, trenta secondi dopo era morto. Il tintinnio metallico di una granata che rimbalzava su un sasso lo riportò alla realtà salvandogli la vita.
- Granata! -
Gridò gettandosi a nel fango nero di quella collina. Derek volò via nella successiva esplosione, con un braccio di meno e una gamba girata in maniera raccapricciante; il suo corpo in volo sembrava quello di una ballerina che esegue il suo miglior grand jetè, solo che lui era sottosopra. Atterrò scomposto tra fango e rocce e non si mosse più. Willy tirò su il muso dal terreno dove era sprofondato, con ancora nelle narici l’odore gradevole di erba e terra umida che si mescolava col fetore del sangue. No, non ce l’avrebbero fatta, quel mucchio di erba e fango si ergeva davanti a loro come un vecchio Dio dimenticato, tornato ad esigere il tributo di sangue che gli spettava, quello del suo plotone, quello di Charlie, il suo. Il nido di mitragliatrici che ora intravedeva sembrava la nuca del Dio, con le piante che gli facevano da capelli: sembrava curarsi appena dei vermi che strisciavano lungo la sua schiena, se si fossero avvicinati troppo li avrebbe semplicemente schiacciati con un gesto distratto, facendoli affondare per sempre nelle pieghe terrose della sua pelle. Avrebbero seppellito anche lui in quella terra nera e fradicia d’acqua? Credeva di sì, ma sperava di no. Pioveva da due giorni, uno scroscio feroce e costante che si confondeva col ronzio malvagio e quasi costante delle mitragliatrici pochi metri più in alto. Sembrava che anche il cielo fosse dalla parte di Charlie, non solo perché con un tempo simile non avrebbero avuto supporto aereo, ma perché tutta quell’acqua aveva trasformato un gentile declivio in un pantano inesorabile. A mettere il piede nel punto sbagliato si rischiava di lasciarcelo: il terreno perdeva compattezza di minuto in minuto, anche per questo il sergente Burns li stava spingendo ad avanzare. Willy arrivò strisciando
(come un verme)
Dietro ad una roccia che dava una buona copertura e cercò di attirare l’attenzione su di sé, con qualche colpo sparato a casaccio. Qualche secondo e una raffica di metallo infuocato cominciò a grattare la superficie della sua copertura, sollevando un nugolo di roccia polverizzata. Jason, Freddy e Michael riuscirono a portarsi più in alto così, in una posizione defilata alla sua sinistra, un buon punto per tentare la sorte con una granata.
- Willy! Di Marco! Fate a pezzi quei froci! -
Il sergente indicava tre Viet vicino ad un grande albero morto con le radici quasi completamente fuori dal terreno, giusto sopra a Jason e gli altri. Non si capiva bene cosa stessero facendo, almeno fin quando Willy non ne vide uno con una trave che cercava di svellere ciò che restava delle radici: se gli andava bene, un albero di quelle dimensioni che veniva giù per il pendio avrebbe schiacciato soltanto Jason, Freddy e Michael; se no li avrebbe costretti a tornare giù di diverse decine di metri, sotto il fuoco di Charlie.
- Hai sentito negro?! Muoviti! -
Di Marco adorava Willy, come tutti i fratelli in generale: a patto che non fossero più grossi di lui ovvio. Cominciarono entrambi a sparare, beccando subito il primo, che venne giù assieme ad una colata di fango. Gli altri due riuscirono nella loro impresa, giusto un attimo prima che Parker gli facesse saltare la testa. Il grande albero sembrava muoversi controvoglia, ma alla fine venne giù con un rumore tonante di minaccia, dritto come un missile sui suoi compagni. Gli schizzi di fango che alzava erano enormi, quasi quanto il solco che lasciava per terra dietro di sé; Jason sparì dentro la chioma, Freddy si accorse in tempo del pericolo e riuscì a tuffarsi abbastanza distante da non essere colpito, mentre Michael fu quasi spezzato in due dal tronco che continuava la sua corsa mortale. Ma la fortuna fu dalla loro quella volta, quella specie di maglio gigante fatto di legno e fango si incastrò tra due alberi bloccandosi. Inoltre la sua folle corsa aveva creato un corridoio accessibile che portava fin sotto la base del nido. Se Burns se ne accorgeva…
- Avanti! Cosa cazzo aspettate, l’invito? -
- Sergente, è troppo scoperto! Charlie ci farà a pezzi prima di arrivare a metà strada! -
- Di Marco muovi quel culo di spaghetti prima che ti ci pianti io due pallottole! Useremo tutti i fumogeni che ci restano per la copertura! -
- Con questa pioggia dureranno pochissimo sergente! -
- E allora perché cazzo resti lì a masturbarti?! Forza coi fumogeni ragazzi, non siate tirchi! Ora!!! -
Gli scoppi sordi dei fumogeni si sentivano appena, tra il vento, la pioggia e i mitra: nessuno fiatò mentre i fumogeni alzavano il loro muro, aspettavano tutti Burns. Anche il Dio sembrava aspettare.
- Sottoooo!!! -
Partirono tutti, Willy, Dunn, Parker, Reilly, Adams, Fantini

Il grande Fantini che portò la Fiorentina in A giusto??

CITAZIONE
, Johnson, Di Marco, Duscombe, Burns, Knoxville; tutti i sopravvissuti della compagnia che si lanciavano in quella specie di zuppa di fagioli creata ad arte per ingannare il Dio, per ottenebrare i suoi sensi e rendere più leggeri i loro passi sulla sua pelle scura e marcia. I primi colpi arrivarono subito, ma andarono a vuoto, come la manata che si sferra d’istinto alla zanzara che ti ronza vicino l’orecchio. Willy, Duscombe, Reilly ed Adams superarono il punto in cui l’albero aveva travolto Jason e Michael, poco più avanti c’era Freddy, immobile sul terreno: era riuscito ad evitare il tronco, ma si era dimenticato delle mitragliatrici. Il Dio si era preso anche lui, ora. Una volta usciti dagli alberi c’era uno spiazzo di una decina di metri, dove il fumo non poteva essere trattenuto dalla vegetazione, bisognava zittire Charlie prima di arrivarci o sarebbero stati macellati. Reilly aveva una buona mira, il migliore lanciatore della compagnia; se lo litigavano quando si giocava a baseball, giù al campo base. Tolse la sicura e lanciò; a Willy sembrò lungo, ma quando la vide infilarsi nella buca capì perché era così conteso.
- Iauuuuu!!! Tre punti Reilly! -
L’esplosione zittì il vociare delle mitragliatrici e la finestra cominciò a vomitare fumo: a quella vista si lanciarono tutti sotto, vuotando rapidamente i caricatori dei fucili contro il fuoco dei Viet che cercavano di arginare la loro avanzata. Il Dio sembrava aver cambiato idea ora, il terreno era più stabile, non cedeva sotto gli stivali, c’era solida roccia a sostenerli, procedevano veloci e sicuri, riducendo al silenzio la voce lamentosa di Charlie. Forse il Dio aveva deciso che ora era il suo turno; forse adesso era sangue giallo che doveva saziare la sua sete, sparendo tra quelle grosse zolle nere e alimentarlo facendolo diventare più feroce, più forte, più folle. Willy era fra i primi e si trovò davanti al terrapieno che sosteneva il nido, un muro di fango di tre metri: all’improvviso una mitragliatrice ritrovò la sua voce falciando il loro fianco destro. Dunn, Parker, Fantini e Johnson erano morti prima ancora di toccare terra, poi la pioggia di piombo si spostò verso di lui, ma era abbastanza avanti da salvarsi tuffandosi direttamente sotto il nido, dove le mitragliatrici non potevano arrivare. Vide cadere Duscombe e Adams, fatti letteralmente a pezzi, poi si rialzò con in mano una bomba a mano; non aveva il talento di Reilly, ma era abbastanza vicino da poterne fare a meno. Nel momento in cui la fece partire si rese conto che non aveva aspettato abbastanza, la bomba entrò ma quasi subito Charlie la rispedì fuori mandandola vicino a Di Marco; l’esplosione gli portò via mezza faccia, facendolo cadere a terra in una spaventosa convulsione di morte. Adesso tutte le mitragliatrici avevano ripreso a far fuoco su di loro: il vecchio Dio non aveva cambiato idea, li aveva ingannati perché morissero tutti al suo cospetto, perché li voleva vedere bene mentre affondavano dentro al suo corpo umido e schifoso, ne aveva bisogno per potersi adorare in un rito di masturbatorio narcisismo. Di lì a poco cadde anche Reilly, questione di secondi e tutta il suo plotone sarebbe sparito tra le fangose membra del Dio. Se si fosse scoperto ancora lo avrebbero visto, il fucile era fuori discussione e aveva finito le bombe: tra poco si sarebbero ricordati di lui.
- Willy!!! Da questa parte! -
Il sergente lo stava chiamando mentre Knoxville attirava su di sé il fuoco. Burns gli tirò accanto le sue bombe ancora con la sicura, senza dirgli nulla perché non ce n’era bisogno. Il ragazzo questa volta seppe aspettare, poi ne lanciò due subito seguite dalla terza, si appiattì contro la parete del terrapieno e attese. Le tre esplosioni ridussero al silenzio il nido, facendo piombare la zona in un silenzio irreale: persino gli altri Viet sembravano spariti. Willy guardò verso il sergente con un sorriso stanco e sollevato; si accorse che qualcosa non andava quando vide gli occhi allarmati di Burns e voltandosi capì che il rumore che ora sentiva era quello del terrapieno che cedeva, indebolito dalla pioggia e da tutte le bombe. Un mare di terra e fango nero sommerse il soldato Willy.
Il Dio si era preso anche lui.

Mi piace molto il racconto, io sono un amante di tutto ciò che è guerra(non di quella vera) e ho anche scritto diversi racconti su questo tema ma questo è di gran lunga superiore ai miei...
Se proprio ti devo fare un appunto, mi ha dato un po' noia la narrazione onnisciente in stile sargente di Full Metal Jacket.
Il narratore secondo me potrebbe risparmiarsi alcuni termini(sopratutto nella prima parte) che stonano con la sua posizione...
Avevo altri consigli da proporre ma ora mi sono passati di mente, comunque complimenti per il raconto.
AH poi freddy non si scrive freddie???
 
Top
46 replies since 23/6/2007, 23:53   823 views
  Share